Auckland
Atterro
ad Auckland sorridendo: so che all’aeroporto mi aspettano Luigi e sua moglie
Dawn. Luigi era nostro vicino a Bonassola. Prima di innamorarsi di Dawn e di
venire in Nuova Zelanda. Non ci vediamo da circa quarant’anni, quando
lui tornava a Bonassola io non c’ero mai. Gli ho scritto dicendogli che nel mio
Viaggio era compresa Auckland e che mi avrebbe fatto piacere passare a
trovarlo, lui mi ha risposto invitandomi a casa sua e dicendomi che sarebbe
venuto a prendermi all’aeroporto. Per quel che riguardava il riconoscersi, mi
ha scritto, niente paura, ci riconosceremo per il naso...in effetti
pronunciato! Ad ogni buon conto, io gli ho mandato una mia foto scattata ad
Uluru. Infatti, chi mi ha individuata é stata Dawn, che non mi aveva mai vista!
In compenso, impossibile non riconoscere Luigi: é il ritratto di suo padre
Nicola. La simpatica coppietta mi carica in macchina, me ed i bagagli, e ci
dirigiamo in cittá. Parlottio fitto fitto in italiano tra me e Luigi, la povera
Dawn relegata alla guida e praticamente tagliata fuori, parla poco
italiano...lo so, non molto cortese da parte mia, ma vi rendete conto di cosa
vuol dire poter parlare italiano dopo due mesi di ostrogoto? E non é che nei
mesi prima sia stato molto diverso! Passiamo dal porto piccolo, vedo la
skytower, la fermata dell’autobus che mi potrebbe portare in centro (e che non
prenderó mai) e poi arriviamo a casa. Una casetta deliziosa, abbarbicata sul
pendio, con sotto un rutilante orto-giardino
coltivato da Luigi, al di lá una mezza dozzina di campi da tennis e poi
il mare.....un mare che sembra un lago, a parte la marea che lascia
regolarmente all’asciutto le
barche ancorate
(compresa la piccola tartaruga, la barchetta usata dai nipotini, che sono sei,
cinque femmine ed un solo maschio!). Di fianco ai campi da tennis, un grande
prato dove a volte giocano quello che chiamano “rugby veloce” ( ci metto poco a
capire che in Nuova Zelanda tutto sa di rugby, peccato che quando dico di
essere italiana compaia un sorrisetto di commiserazione fra i vari all
blackisti ). Passo cinque giorni
coccolata e scorrazzata in giro, dormo come un ghiro, mangio in compagnia, vado
alla premiazione della nipotina Gabriella ( 5 anni, premio per il piú bel fiore
disegnato), assisto ad una incredibile lezione di carpenteria che Luigi tiene
tutte le settimane alla scuola elementare, durante la quale un bambino cerca di
costruire una canoa da guerra ed un altro distrugge un pannello di cartongesso.
E poi in giro di qua e di lá, scoprendo che quasi un terzo dei quattro milioni
e mezzo di abitanti della Nuova Zelanda abita ad Auckland, e nonostante questo
la cittá é piena di piante e di giardini, che si allarga su e giú per piú di
una cinquantina di conetti vulcanici (ultraspenti, per fortuna), che il porto é
strapieno di
barche e che quasi
dappertutto é mare e costa, Un’altra cosa che colpisce ad Auckland é il
guazzabuglio di razze: vedi in giro facce di bianchi, di maori, di asiatici, di
polinesiani (l’ordine é ovviamente del tutto casuale, qua sono tutti
multiculturali ma anche molto suscettibili, a quel che mi pare di capire...).
Insomma, per cinque giorni me la godo come da tempo non mi capitava, ma ormai
il tarlo del nomade mi ha bacata, cosí viene l’ora di rimettermi in viaggio.
Parto alla scoperta della Nuova Zelanda in un modo del tutto neozelandese,
parto con il Magic Bus. E di questo vi racconteró la prossima volta.
Wellington
Wellington
é la capitale, quindi c’é il parlamento. Ed il parlamento ha delle fondamenta,
come tutti i parlamenti. Ma qui é
speciale, perché appoggia su 750 molle, che possono oscillare. Dove non ci sono
le molle c’é un’intercapedine di un paio di centimetri, cosí in caso di
terremoto (eventualitá tutt’altro che trascurabile in un’isola vulcanica) il
parlamento balla ma non crolla! Intelligente, Altra cosa intelligente: hanno
abolito il senato, nel 1956, lavorava male, Cosí di camera ne hanno una sola,
di partiti ne hanno peró 7- In mezzo a tutta questa intelligenza, io vado in
giostra. Al museo Te Papa, un posto dove guardi l’orologio e ti rendi conto di
esserci entrato quattro ore prima mentre giureresti di esserci da molto meno
(funziona anche con il mio, di orologio, anche se va al contrario). Dunque,
all’interno del museo c’é l’Hide Ride, a prima vista sembra uno spettacolo
cinematografico, si comprano i biglietti e si aspetta l’inizio della
proiezione. Che dura 10 minuti. Convinta di andare a vedere qualcosa sulla
cultura neozelandese, prenoto (i posti sono limitati, solo 16), compro e mi
presento all’ora stabilita. E mi fanno allacciare la cintura di sicurezza, e
siamo tre adulti circondati da tredici under 10. E cominciano dieci lunghisimi
minuti: i seggiolini vibrano, si inclinano rapidamente da tutte le parti,
mentre sullo schermo le immagini ti fanno vedere le cose come se tu fossi su
un’automobile che precipita dalla montagna per evitare un ciclista, oppure il
pallone in una partita di pallavolo, e poi ci lanciamo con il paracadute, e
cadiamo giú da un grattacielo, e vinciamo una corsa motociclistica, e ci
scontriamo con un camion e
ancora....Il tutto
accompagnato dalle urla degli under 10 e anche dalle mie, confesso! Dieci
minuti di scarica adrenalinica, vi assicuro. Continuando sulla scia del gioco,
mi iscrivo ad un tour che va a visitare le location del Signore degli Anelli
(LOTR: lord of the rings, come si dice qui), Il regista, Peter Jackson, é
diventato uno dei personaggi piú importanti di Wellington ed andare a visitare
le location é un must da queste parti. Turisticamente, mi intruppo. Per fortuina
siamo solo 7, accompagnati da un esserino che sembra un hobbit, chissá se lo
hanno scelto apposta...É bravissimo, oltre all’entusiasmo che ci mette nei
racconti dei fuoriscena é anche munito di iPod touch e ci fa vedere gli
spezzoni dei film girati nel posto dove siamo. Io i tre film non é che me li
ricordi molto, ma mi diverto a fare il cavaliere o l’orchetto, quando mimiamo
le scene per farci le foto. Tranquilli, la parentesi puerile sta per finire!
Wellington é anche altro: una passeggiata nei giardini botanici, shopping al
negozio degli All Blacks, gare di canottaggio, una bellissima camera in albergo
con veduta sul porto, ottima birra , un traghetto dotato di poltrona
reclinabile con vista panoramica sulla quale sono seduta ora, in partenza per
l’attraversata dello stretto di Cook. In partenza per l’isola del sud, e piove!
Per la
strada
Per le
strade della Nuova Zelanda ci vado a bordo del Magic Bus. |Che assomiglia
veramente a qualcosa di magico, per un viaggiatore solitario. Si compra un
itinerario (io, da buona ingorda, mi sono comprata tutta
Christchurch
A
Christchurch si possono fare molte cose.Si puó andare all’antartide, con tanto
di tempesta di vento a meno 18 gradi, un brivido! Giá che ci sono
faccio anche un giro sul cingolato, su e giú per un paio di dossi e dentro un
fosso, quando si pagano 20 euro per delle cretinate bisogna farle fino in
fondo! Poi si puó andare in gondola. Lo sapete vero che, al di fuori
dell’Italia, si chiama gondola ogni tipo di funivia? A Christchurch si tratta
di un’ovovia. Quando ho chiesto al nostro cicerone ( ex insegnante , 41 anni di
onorata carriera, adesso autista di pullman turistici (ho un avvenire di fronte
a me!)) perché si dice gondola, mentre in Italia si dice ovovia (che ho
tradotto eggway), non mi ha saputo rispondere. E non ha saputo neanche dirmi
perché qui il venerdí santo lo chiamano good Friday, a me sembra che sia stato
poco good per quelli che sono stati crocifissi. Sono scontenta di questo
cicerone, quando lo faró io, dopo 41 anni
di onorata carriera, mi prepareró meglio,
promesso. E poi a Christchurch si puó fare punting. Cosa sia fare punting io
l’ho scoperto oggi: si va sul fiume, che guarda caso si chiama Avon, mollemente
adagiati su una barca dal fondo piatto, con tanti cuscini ed un barcaiolo col
cappello di paglia che rema. Ogni tanto si allunga pigramente una mano fuori
dalla barca, per accarezzare una papera (che in realtá aspettava un tozzo di
pane piuttosto che una carezza, ma si adegua) o per accarezzare la fredda acqua
dell’Avon. Il tutto avviene attraversando il giardino botanico. Qualcosa di
squisitamente inglese, comunque una delizia. Il nostro barcaiolo, saputo che
sono italiana, ci canta la canzone dell’amore perduto, con quasi tutte le
parole giuste e perfettamente intonato (tanto che non oso fare
l’accompagnamento...). Alla fine applaudono
anche quelli che passeggiano sulla riva! Pare che qualche turista abbia chiesto
di fare punting con una gondola. Glielo hanno sconsigliato. Si puó poi andare a
fare shopping, qui sono famosi per i maglioni di lana merino e di pelo di
possum. Che devo ancora capire se il
possum é l’opossum, ma direi di sí´. Se l’opossum é simile ad un grosso topo
grigio, ci siamo, altrimenti si tratta di un altro equivoco, tipo la gondola.
Ne compro due, piú magliette varie, lana e cotone, un disastro per il mio
bagaglio. Ma a Christchurch si puó anche spedire un pacco in Italia: detto
fatto. Speriamo che arrivi, ho scelto la spedizione piú economica e quindi piú
lenta, tanto i maglioni mi serviranno tra un po’ di tempo. E poi si puó
prendere lo shuttle, autobus gratuito che ti porta regolarmente dove non devi
andare, ma é gratuito, e poi basta avvicinarsi alla meta. Quando si é ben ben
girato per Christchurch, si puó prendere in considerazione ció che c’é intorno.
Decido di fare un giro nella Bank penisola, fino ad un ex insediamento francese
che si chiama Akaroa. Tour organizzato, compresa una crociera di un paio d’ore
nella baia, con buone probabilitá di vedere delfini (visti), foche orsine
(viste), pinguini (non visti, ma proprio non me ne importa niente). Giornata
bellissima di sole, panorami all’altezza di questa meravigliosa isola del sud,
compagni piacevoli (4 americani, 2 australiani, una svampita francese che
abbiamo rischiato di perdere piú volte). Autista cicerone proprio bello,
perfetto per la parte: sui sessant’anni, capelli bianchi, occhi azzurri, alto,
molto distinto, camicia azzurra e gilet blu, un inglese adatto a chi non lo sa
bene, una pazienza infinita, soprattutto quando gli toccava andare a cercare la
french lady. Sulla via del ritorno, facciamo una deviazione per passare da un
colle da dove si vede un
bel panorama. Ci fermiamo qualche centinaia di
metri prima della cima, in uno spiazzo, tutti giú a scattare foto: é l’ultima
tappa prima del rientro. Risaliamo sul minibus, e non ripartiamo. Il motore fa
clic clic ma poi non si mette in moto. Il meravigioso autista si rivela essere
un pessimo meccanico, il signore australiano cerca di aggiustare il guasto
prendendo a sassate non so cosa della batteria, io faccio scemi commenti del
tipo che questo é un posto perfetto per rimanere in panne, con il panorama che
abbiamo davanti. In poche parole, prima ci mandano un meccanico da Littleton
(15 km) che dice di non poter riparare il guasto perché é da elettrauto, poi ci
mandano uno scuolabus da Christchurch (80 km) sul quale trasbordiamo, mentre il
nostro autista si fa trainare fino a Littleton, dove abbandona il minibus e
sale sullo scuolabus, del quale prende il volante e prodemente ci riporta a
Christchurch, con solo due ore di ritardo sull’orario previsto. A Christchurch
poi si puó anche andare a mangiare dell’ottimo pesce. Che ti servono con un
sacco di patatine fritte. I pantaloni cominciano ad essere stretti....
Pasqua
Ci
sono delle giornate in cui tutto é abbastanza consueto, nel senso che faccio
cose che potrei fare anche a casa. Beh, non é
che proprio tutti i giorni mi siedo su una panchina a Milano a leggere un
libro, peró lo si puó fare, cosí come non é molto strano fare una passeggiata
in montagna ed arrivare in cima col fiato mozzo ma con la famigliare sensazione
di poter respirare tutto l’universo. Per non parlare di cose piú terra terra:
fare la spesa, portare i vestiti in lavanderia (e ricordarsi di andarli a
riprendere!), prenotare la prossima corriera. Poi succede qualcosa che di colpo
mi fa sentire all’altro capo del mondo, come in questi giorni, con
costa est dell’isola del
sud), mentre nel pomeriggio di ieri ero a bordo di un battello in mezzo ad un
branco di delfini, con sí la giacca a vento, ma anche i pantaloni leggeri e i
sandali! Non é che sono matta, c’erano 20 gradi. Per oggi le previsioni danno
minima 5 e massima 13. Lo spettacolo delle montagne con la neve ed i pascoli
verde smeraldo sotto e gli alberi giallo-rossicci e l’oceano blu é impagabile.
Lo so che me ne devo andare, che bisogna ripartire, ma lo faccio con dispiacere
(intanto ho piazzato anche qui due giorni in piú). Il mio amico agente di
viaggio, assieme agli auguri di Pasqua, mi manda le nuove date dei voli, con
queste testuali parole: “giusto per non lasciarti lí per sempre”. Intanto, sono
qui a godermi la mia strana Pasqua autunnale...poi si vedrá!
Whitianga
Scelgo di
fermarmi qualche giorno a Whitianga per alcuni validi motivi. Il primo é che mi
piace il nome: Whitianga, penisola di Coromandel, mi suona bene. Il secondo é
che mi sembra sufficientemente a nord per non trovarci molto freddo. Il terzo é
che ho bisogno di una pausa da questo carrozzone di ragazzi giramondo:
certamente simpatici, ma fondamentalmente male educati. Sono (abbastanza) certa
che nessuno ha loro detto che, per quanto belli, i piedi non si tengono sulla
spalliera del posto (vuoto) davanti, che qualcuno va a dormire alle nove (di
sera) e vorrebbe avere poco chiasso intorno, che quando si entra in una stanza
o si sale su un pullman si saluta. E mi fermo qui, perché sono simpatici, ma
l’elenco potrebbe continuare. Dunque mi fermo quattro giorni a Whitianga,
prenoto una camera king size ensuite (lettone, frigorifero, televisione e
bagno) nell’ostello piú costoso, tanto per prendere ancor piú le distanze
dall’orda di giovani barbari, e mi piazzo. La camera é spassosa, sono
praticamente in vetrina (ma non offro nulla!). É stata ricavata in un angolo
del cortile, una parete é completamente porta-finestra, un’altra é a metá
finestra e guarda (e si fa guardare) direttamente nella reception. In compenso,
il bagno non ha finestra. Insomma, se voglio avere un po’ di privacy devo
tirare i tendoni ed accendere la luce. Altrimenti me ne sto comodamente
sdraiata sul letto a sorridere a tutti quelli che stanno scomodamente seduti
sulle panche del cortile. Mah..., cosí vanno le cose. Comunque, non prevedo di
stare molto in camera: vado alle informazioni turistiche e mi rifornisco di
cartine con i percorsi delle passeggiate e tutte le altre attivitá delle
penisola. Comincio col camminare, ne ho proprio bisogno, anche per cercare di
smaltire un po´delle chips che ingurgito golosamente assieme al fish.
Shakespeare cliff, bellissimo. Il sentiero poi offre una deviazione per